Categoria: L'orto di casa nostra
Che differenza c'è tra il regime di Saddam e l'america governata da Bush?
Per il primo si tratta di una dittatura, mentre per la seconda siamo di fronte ad una democrazia quale che sia il Presidente di turno. "Guai a mettere i due sistemi sullo stesso piano" è stato il coro unanime che si è sollevato dalle file del centro-destra come di gran parte del centro-sinistra.
Può essere così sintetizzata, in queste poche righe, la fine del costituzionalismo democratico.

Del resto, come si ricorderà, soltanto pochi giorni fa il Presidente Berlusconi ha motivato la scelta del Governo italiano di sostenere la guerra contro l'Iraq proprio con la necessità di dover scegliere tra Bush e Saddam. Come dire: una sorta di grave malattia per la quale il dottore impone delle scelte.
La grave malattia, purtroppo, c'è ed ha per l'appunto un nome: "la legge del più forte".
In tutto questo, il segretario della CGIL Epifani ha avuto il torto di assumere una posizione di sostanziale difesa del principio che a nessuno può essere permesso di calpestare le più elementari regole di convivenza civile. Né con Saddam, quindi, ma neanche con Bush, perché affossatore dell'ONU e artefice di un'assurda guerra preventiva foriera di chissà quali altri disastri.
Non solo: la guerra in atto si sta rivelando in tutta la sua drammaticità, con la popolazione civile irachena a pagare il prezzo più alto, vuoi sotto la pioggia di bombe o perché costretta a vivere in condizioni disumane in seguito ai danni alle infrastrutture (acqua, elettricità) provocati dai bombardamenti prima, dall'assedio delle città dopo.
Il torto di Epifani, però, come detto, corrisponde alla fine di quel costituzionalismo classico sul quale si basa anche la nostra Costituzione.
Checché ne dica L'On. Rutelli, infatti, l'equivalenza tra dittatori e democrazie può ben esservi, perché la maggioranza, nella tradizione del costituzionalismo democratico, non ha sempre ragione.
Non a caso esistono le carte costituzionali e gli organi di controllo indipendenti con lo scopo d'impedire, o rendere più difficili, i colpi di mano delle maggioranze occasionali.
Ma quando questi colpi di mano prendono corpo, ci si può rifiutare di chiamarli con il loro vero nome soltanto perché portati avanti nell'interesse o nel nome di una maggioranza democraticamente espressa?
Evidentemente no, ed è per questo che oggi il Presidente Bush, per quanto democraticamente eletto, costituisce una minaccia per la pace e la democrazia al pari di Saddam.
La logica della guerra preventiva e dell'attacco unilaterale finalizzato a cento e più scopi; il rifiuto di accettare le decisioni dell'ONU (perché non è vero che l'Onu non è stata in grado di decidere: l'Onu non è stata in grado di decidere secondo il ricatto impostogli dall'amministrazione Bush); il massacro, sotto gli occhi del mondo intero, di una popolazione già allo stremo; le tante, troppe bugie della propaganda di guerra ... cos'altro ancora si deve attendere per dire agli americani che "l'America che hanno voluto e votato" costituisce un pericoloso modello di ordine mondiale, totalitario, rispetto al quale è divenuto urgente intervenire?
Nè con Saddam e né con Bush, quindi, perché non sia troppo tardi.