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Purtroppo, di nuovo in evidenza: Contro ogni forma di razzismo
"Da ebreo e israeliano ieri mi sono colmato di vergogna e di rabbia alla vista del barbaro comportamento dei fascisti della sinistra estremista" ha protestato l’ambasciatore israeliano Ehud Gol per le bandiere israeliane bruciate a Milano durante la manifestazione del 25 aprile. 
Ebreo e Israeliano come sinonimi per una stessa identità, quindi, come se non potesse esservi un ebreo che non sia anche israeliano. O meglio: come se non potesse esservi un ebreo che non sia anche sionista.
Se così fosse, e così sembra che sia visto lo sdegno e le accuse di antisemitismo (Israele=ebrei) che sono arrivate da tutte le parti, da Fini a Bertinotti, siamo di fronte ad una eccezionalità che capovolge tutte le nostre convinzioni. 
C'è infatti un solo Stato al mondo che non subisce sanzioni e neanche la pur minima critica pur avendo a proprio fondamento giuridico l'appartenenza religiosa. E questo anche quando il fondamento giuridico-religioso arriva al punto di negare il sacrosanto diritto al ritorno dei profughi palestinesi, per altro sancito con tanto di risoluzioni dell'Onu che sono lì a testimoniare l'illegalità mai sanata. 
Succedesse una cosa simile in qualsiasi altra parte del mondo potrebbe pure scapparci una "guerra intelligente". Per Israele NO! 

Quando è Israele a trovarsi sul banco degli imputati della comunità internazionale "Occorre ricercare una soluzione sul diritto al ritorno che non sia incompatibile col mantenere a Israele il carattere di uno Stato ebraico, ed è quindi evidente che non potrà esserci il ritorno in massa di milioni di rifugiati palestinesi perché questo stravolgerebbe la composizione demografica dello Stato d'Israele e gli ebrei non lo accetteranno mai" (Piero Fassino, Unità on line 24/05/2005).  
Ecco quindi che l'idea "padana" alla Calderoni o alla Borghezio di uno "stato puro" che non può e non deve essere contaminato con la presenza di elementi "diversi" viene ampiamente tollerata e, anzi, esaltata. 
Il fondamento giuridico-religioso non costituisce più una pericolosa forma di esclusione e di discriminazione, bensì una legittima rivendicazione. 
E se per mantenere "puro" lo Stato ebraico qualche altro diritto verrà calpestato, guai ad usare l'aggettivo "sionista" per definire la politica di esclusione e di occupazione sino ad oggi perseguita da Israele. 
Perché "il sionismo vuol dire semplicemente che gli ebrei chiedono il diritto di avere uno stato ebraico, e dopo tutto quello che hanno passato..." è la risposta data da Gad Lerner ad una ascoltatrice di "Radio anch'io" (puntata del 26/04/2006) che si chiedeva per quale motivo si diventa antisemiti nel criticare l'occupazione "sionista" dei territori. 
Una risposta che non ammette confronto ma che, al tempo stesso, costituisce un'ammissione di colpa. 
La colpa di chi, ipocritamente, non vede nel sionismo il germe del razzismo che dichiarazioni come quelle di Fassino e Lerner confermano esservi. 
La colpa di chi, ipocritamente, usa l'olocausto per giustificare l'affermazione di una cultura dello Stato che separa  e discrimina anziché unire. 
La colpa di chi, ipocritamente, a distanza di 60 anni continua ad usare la storia come se fosse una bilancia attraverso la quale autolegittimarsi per poter fare agli altri ciò che si è subito. 
La colpa di chi, ipocritamente, mentre festeggia il 25 aprile e la Resistenza al nazifascismo, pretende di negare lo stesso diritto, la Resistenza, ad popolo, quello palestinese, cacciato dalle proprie terre, sotto stato di occupazione permanente e con l'unica aspirazione di morire da martire piuttosto che di fame o per mano israeliana.