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Purtroppo, di nuovo in evidenza: Contro ogni forma di razzismo
Le furenti dichiarazioni contro la magistratura da parte del Presidente del Consiglio Berlusconi, hanno di fatto costretto i parlamentari del centro-destra a riaprire la discussione riguardo l'opportunità di ristabilire le vecchie norme sull'immunità parlamentare.

Nonostante alcuni distinguo, per lo più provenienti da AN, responsabile, per altro, insieme alla Lega, secondo il giudizio storico dato da Berlusconi, di aver "stravolto la Costituzione", trovandosi a suo tempo in prima fila per chiedere la gogna per i parlamentari coinvolti nella corruzione di tangentopoli e per avere con forza voluto la revisione dell'istituto dell'immunità parlamentare, il centro-destra appare più che mai compatto per giungere in tempi utili al varo di un provvedimento che, in qualche modo, sospenda i processi che vedono coinvolti il Presidente del Consiglio ed i suoi più stretti collaboratori.

Non potendo quindi ignorare la forza dei numeri parlamentari, è arrivato il momento di esaminare la questione, partendo dal presupposto che, prima o poi, l'immunità parlamentare verrà ripristinata, e con la speranza di riuscire ad intervenire per cercare di limitare i danni.
La prima questione che sarebbe bene porre al centro del dibattito politico, è che si eviti di tornare al vecchio sistema di irresponsabilità in vigore sino al 1993.
La caratteristica principale della precedente immunità parlamentare, infatti, era che nessuno alla fine veniva chiamato a rispondere delle proprie azioni: né i parlamentari che assolvevano i propri colleghi; né i magistrati che si vedevano rifiutare l'autorizzazione a procedere.
 
Come coniugare, allora, l'esigenza di tutelare i parlamentari dall'uso strumentale e politico della giustizia, con quella, altrettanto rilevante, d'impedire che i politici possano commettere reati e rimanere impuniti perché non processabili, e che il tutto non finisca a "tarallucci e vino"?
 
Scrivendo in Costituzione, a chiare lettere, che le Camere possono negare l'autorizzazione a procedere nei soli casi di "fumus persecutionis" nei confronti dei propri appartenenti.
Ma non basta.
Anche scrivendo a chiare lettere i limiti che le Camere dovrebbero osservare per decidere se concedere o no l'autorizzazione a procedere, come garantire l'osservanza di detti limiti?
A fondamento dell'istituto dell'autorizzazione a procedere non può che esservi l'insindacabilità delle decisioni del Parlamento. In altre parole, se oggi si decidesse di tornare al vecchio art. 68 della Costituzione, con anche scritto nero su bianco i limiti che il Parlamento dovrebbe osservare, a garanzia della corretta applicazione dell'istituto dell'autorizzazione a procedere vi sarebbe soltanto una mera responsabilità di tipo politico, per altro indefinita perché indimostrabile in assenza di ulteriori atti.
 
Prudenza e onestà intellettuale, a questo punto, consiglierebbero di lasciar perdere.
Ma visti i numeri parlamentari di cui sopra, non può esservi altra scelta che rilanciare con una provocazione: vada per la reintroduzione di un istituto che oggi arriverebbe in soccorso dei guai giudiziari di alcuni esponenti di "spicco" dell'attuale maggioranza parlamentare di governo, ma in un contesto di responsabilità chiare.
Se deve infatti valere il principio che i procedimenti penali a carico dei parlamentari possono essere sospesi, a giudizio della Camera di appartenenza, per l'evidente intento persecutorio dell'azione giudiziaria che li riguarda, deve valere anche il principio della corrispondente responsabilità dei magistrati.
Non avrebbe infatti alcun senso un Istituto di immunità parlamentare per questioni di illiceità del comportamento dei magistrati che rimanga senza conseguenze per chi, in ipotesi, potrebbe essersi macchiato del grave reato di lesione dell'autonomia e dell'indipendenza del Parlamento:
    vuoi perché il principio "la legge è uguale per tutti" deve valere anche per i magistrati che, nell'ipotesi della mancata autorizzazione, si sarebbero macchiati di gravi reati nei confronti dei parlamentari "immotivatamente" perseguiti;
   e vuoi perché a nessuno può essere negato il diritto alla difesa e all'onorabilità, neanche a quei magistrati eventualmente incappati nel giudizio negativo del Parlamento.

Si preveda, quindi, sempre a chiare lettere, quali procedimenti di accertamento delle responsabilità dei magistrati dovranno aver luogo a seguito delle negate autorizzazioni a procedere; e quali gli organi competenti chiamati a giudicare.
Certo, anche così non si potrebbe evitare l'assoluzione per tutti, politici prima e magistrati dopo. Ma quanto meno, anche senza conseguenze penali, questo meccanismo avrebbe il merito di costringere il Parlamento e la Magistratura ad avere un comportamento quanto più corretto, e questo perché non sarebbe possibile in alcun modo evitare di dimostrare, pur senza conseguenze per i parlamentari, in una sede neutrale, che il magistrato abbia agito con chiari intenti persecutori.
Entrare nel merito del procedimento per accertare le eventuali responsabilità penali dei magistrati o, nel caso ciò non avvenga, per mettere allo scoperto le responsabilità politiche di chi, facendo ricorso alle giuste prerogative a tutela dell'indipendenza del Parlamento, abbia invece agito per garantire a sé stesso e a pochi altri l'impunità.