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Purtroppo, di nuovo in evidenza: Contro ogni forma di razzismo
Finita la guerra fredda e la contrapposizione tra i blocchi, ci si è per momento illusi che le cose potessero cambiare. Finito il senso di appartenenza ad uno dei due blocchi, si pensava, la ragione avrebbe finito per prevalere ed ogni cosa sarebbe tornata a chiamarsi con il proprio nome.


Nonostante i vari tentativi di revisione storica e il salto di generazioni che ci divide dalla seconda guerra mondiale, è ancora sufficiente pronunciare la parola rappresaglia per suscitare il ricordo delle atrocità compiute dal nazismo. Una memoria ed una condanna storica che si mantiene viva e che dovrebbe indicarci un metodo, o quanto meno un modello di riferimento, per permetterci di non commettere gli stessi errori.
Il condizionale è purtroppo d'obbligo, visto che di fronte ad altri ed altrettanto significativi esempi di barbarie non riusciamo a compiere il passaggio inverso: ci siamo forse troppo in fretta abituati alla logica della rappresaglia a tal punto da non riuscire più a scorgerla?
O sono le ciniche esigenze della real politik (che in questi giorni ci fanno chiudere gli occhi di fronte all'ennesimo bombardamento a tappeto - indiscriminato - della Cecenia da parte dei Russi) e il solito occhio di riguardo che si ha per gli "amici" a non permetterci di analizzare con la medesima lucidità, serenità e severità di giudizio crimini altrettanto gravi?
In tal senso, basterebbe ricordare le due atomiche sganciate sul Giappone ormai sconfitto. Nessuno è mai stato realmente in grado di spiegare la necessità di quelle due bombe, come si è invece dimostrato che alla base della decisione di dare inizio all'era atomica vi erano calcoli politici che nulla avevano a che vedere con il conflitto vero e proprio.
Ma finita la guerra fredda e la contrapposizione tra i blocchi, ci si è per momento illusi che le cose potessero cambiare. Finito il senso di appartenenza ad uno dei due blocchi, si pensava, la ragione avrebbe finito per prevalere ed ogni cosa sarebbe tornata a chiamarsi con il proprio nome.
Un'illusione che è durata poco, svanita come neve al sole di fronte all'emergere del nuovo ordine mondiale.
Il mondo è stato nuovamente diviso in due: da una parte i buoni, autoproclamatisi tali; dall'altra tutti i cattivi che commettono crimini al pari dei buoni ma che, secondo questa divisione, debbono essere gli unici a pagare per le nefandezze che compiono.
Nulla di male, ci è stato detto da più parti: meglio riuscire a fermare qualche cattivo che nessun cattivo.
Per cui, che importa se i Turchi possono liberamente massacrare i curdi e violare i più elementari diritti umani, o che Israele possa continuare con la sua politica di occupazione e colonizzazione a danno dei palestinesi, quando a controbilanciare il tutto c'è la possibilità di dar voce alle armi per fermare l'occupazione irachena del Kuwait o la pulizia etnica in Kosovo?
Ma sì, perché non accontentarsi?
Ma più che di accontentarci ci è stato chiesto di chiudere del tutto gli occhi, come ha ben dimostrato l'intervento umanitario in Kosovo, dove i primi a pagare per il tipo d'intervento militare adottato sono stati i kosovari stessi, abbandonati al loro destino mentre per due mesi si è bombardata l'intera Jugoslavia; con in più la beffa dei ritardi per l'assistenza ai profughi (e sì, l'intervento umanitario non aveva previsto profughi).
Al di là, quindi, della parzialità d'intervento ampiamente manifestata dagli autoproclamatisi custodi dell'ordine mondiale, si pone una questione sul come rapportarsi nei confronti della "guerra giusta" condotta con nuove e non meno terribili armi di distruzione di massa: "campagna aerea" ed "embargo economico totale" sono le nuove armi di distruzione di massa.
Al pari dei nazisti, si colpiscono intere popolazioni inermi per raggiungere la resa dell'avversario: ciò è quanto è avvenuto con i bombardamenti sull'Iraq e sull'intera Jugoslavia.
Ma non solo. Guerre come quelle condotte contro l'Iraq e la Jugoslavia sono così intelligenti da darci l'illusione che il dopo non sia una diretta conseguenza del prima, come se nulla fosse successo, come se i ponti non fossero mai caduti, che le fabbriche non avessero riversato tonnellate e tonnellate di materiali inquinanti a seguito dei bombardamenti, come se la vita potesse riprendere agli stessi standard di prima delle distruzioni.
Ma per meglio completare l'opera, la rappresaglia indiscriminata che fa molte più vittime in tempo di pace che in tempo di guerra va perfezionata con altri strumenti. Oltre un milione e mezzo di morti in Iraq per un embargo per il quale non è ancora possibile prevedere la fine. Allo stesso modo, per la Jugoslavia si può già da ora prevedere una drammatica emergenza umanitaria ed ambientale laddove non si deciderà di favorire la ricostruzione al fine di limitare i danni provocati dai bombardamenti umanitari.
Una logica della rappresaglia che passa inosservata e che non produce condanne e momenti di riflessione, forse perché tutti troppo presi a condannare il nazismo di ieri per evitare di fare i conti con il nazismo dei nostri giorni.