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Purtroppo, di nuovo in evidenza: Contro ogni forma di razzismo
Sì, va bene, ce ne siamo accorti tutti. Viviamo in tempi di crisi e di globalizzazione, per cui: si taglia di qua, si taglia di là si sposta di qua, si sposta di là... e a chi tocca tocca.
Ed incredibile ma vero, da po' di anni tocca anche al mondo della cinematografia.

E' del 24 dicembre una manifestazione davanti la sede RAI di Viale Mazzini per protestare contro il tentativo del Governo di ridurre l'obbligo, per le TV, di reinvestire parte dei proventi pubblicitari in nuovi prodotti d'interesse culturale e nazionale.
Una volta tanto, tutti uniti: maestranze, attori, registi, ecc., con anche i produttori.
Peraltro, soltanto un paio di giorni prima il CDA RAI aveva votato ulteriori riduzioni di spesa per la produzione di Fiction.
Tempi duri per tutti, quindi, ma per alcuni in modo particolare.
Se un film in meno vuole infatti dire meno lavoro per tutti, un film in meno in Italia ma un "film italiano" in più in Argentina vuole dire: meno lavoro solo per chi non parte.
E chi è che parte?
Pochi, veramente pochi, se non addirittura soltanto il regista e qualcuno di produzione.
E' il caso, ad esempio, della fiction "Terra ribelle", prodotta dalla RAI ed interamente girata in Argentina con una troupe per il 99% argentina.
Certo, a volte per motivi di copione c'è la necessità di andare in luoghi ben precisi, ma non è questo il caso.
La fiction in questione, infatti, è ambientata niente poco di meno che nella Maremma dell'800.
Una storia italiana, quindi, di butteri e luoghi caratteristici, prodotta con soldi italiani, per la precisione con soldi dei contribuenti visto che si tratta della RAI, ma girata per intero all'estero e con personale prevalentemente straniero.
Sette, o forse anche undici milioni di Euro di soldi pubblici che, anziché essere utilizzati  per contribuire a tenere in piedi, così come si fa con tutti i settori industriali in periodo di crisi, il sistema dell'audiovisivo italiano (ma non solo, visto che come tutte le attività industriali anche il cinema è in grado di mettere in moto molte altre attività collaterali: alberghi, ristorazione, trasporti, location pubbliche e private, ecc.), sono finiti a fondo perduto nella parte opposta del mondo.

In tutto questo, come dicevamo all'inizio, c'è però qualcuno a cui non va così male.
Dal blog ufficiale della fiction veniamo infatti a sapere della realizzazione di un sogno, quello della regista Cinzia TH Torrini che ha finalmente trovato la soluzione per poter filmare una storia altrimenti troppo costosa per essere girata in Italia.
Beata lei e a chi tocca non s'ingrugna, dirà qualcuno.
E no.
Nulla di personale, ma la Signora Torrini può fare la beata in Argentina grazie ai "nostri" soldi mentre qui in Italia molti professionisti dell'audiovisivo si trovano nella condizione di dover cambiare lavoro. La Signora Torrisi , con i nostri soldi, ora sta soggiornando in un lussuoso albergo argentino anziché in un ottimo albergo in Maremma.
E ciò che più infastidisce, è l'uso ipocrita che viene fatto della "libertà autoriale" per giustificare tutto questo. "Il bello di questo lavoro è la fantasia", scrive la Torrini nel Blog.
E certamente ce ne sarà voluta molta per riuscire a ricreare la maremma in Argentina, così come ce ne sarà voluta molta per realizzare un prodotto dal sapore italiano senza italiani e parlando un'altra lingua.
Cara signora Torrini, per lei c'è una bocciatura a tutto tondo e non rimane altro che augurare, alla RAi, a Lei e alla società di produzione, un bel flop di ascolti TV.
Anche perché, di questo passo, con simili esempi di come il prodotto lo si riesce a realizzare lo stesso, di soldi per fare film in Italia ce ne saranno sempre meno, alla faccia di noi contribuenti che continueremo lo stesso a pagare per far arricchire poche persone.